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Immagine del redattoreTre passi per Firenze

Venere che pettina Amore, Giovanni da Sangiovanni

Un'immagine senza tempo è il quadro dipinto da Giovanni da San Giovanni, intitolata Venere che pettina Amore ed esposta nelle sale della Galleria Palatina a Palazzo Pitti. L’opera fu realizzato alla prima metà del Seicento per Don Lorenzo de’ Medici, il quale originariamente lo aveva collocato nella sua residenza di Villa Petraia . La Dea dell’amore è seduta al centro di un paesaggio oscuro e roccioso e, come una madre premurosa, pettina il figlio. La donna sembra prestare molta attenzione ai capelli del piccolo, infatti con il pettine sembra aprire ed analizzare le singole ciocche per scrutare la presenza di eventuali pidocchi . Come si evince dal dipinto, la fanciulla sembra usare un tipico pettine gotico eburneo con una doppia fila di denti. La differenza della dentellatura ne indicava un uso specifico, infatti quella inferiore con denti più radi serviva per sciogliere eventuali nodi, mentre quella superiore era caratterizzato da una dentatura più fitta perché doveva servire per lisciare o spidocchiare i capelli , come nel caso del dipinto in questione. L’opera fu citata per la prima volta nell’inventario di Giovan Carlo de’ Medici, nella sua villa di Mezzomonte, a partire dal 1637. Solo pochi anni dopo entrò a far parte della collezione degli Uffizi, come conferma un inventario datato nel 1769. Proprio in quest’ultimo documento il dipinto fu menzionato con il titolo di "Venere che spidocchia Amore", per poi cambiare il suo nominativo pochi anni a seguire, prima in "Venere che pettina Amore" poi in "Le cure materne".




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