Leonardo da Vinci ha ritratto una delle donne fiorentine più famose al mondo: la Gioconda.
Il famoso dipinto è stato definito l'opera pittorica più importante del genio toscano, ciò dimostra la grande importanza che il genere artistico del ritratto ha acquisito nel corso degli anni fino al XVI secolo.
Gli inventari confermano la versione vasariana sia per quanto riguarda l’identità della donna raffigurata, cioè Monna Lisa sposa di Francesco del Giocondo, sia per la datazione, affermando che la giovane fanciulla al momento del dipinto doveva avere venticinque anni. Nonostante Vasari fornisca una minuziosa descrizione, soffermandosi su alcuni dettagli superficiali come le ciglia della giovane, pare in realtà non avesse mai visto dal vivo il dipinto. Sembra, quindi, che si sia servito di numerose copie e modelli che circolavano in città, tesi confermata anche dal fatto che nella sua descrizione non viene menzionato il paesaggio. L’aretino sostiene che l’opera risulta essere la dimostrazione per eccellenza di quanto l'arte possa imitare la natura arrivando ai vertici del realismo. A conferma di ciò lo scrittore si dilunga sulla grandissima capacità descrittiva di Leonardo, il quale riesce a far percepire l’aspetto psicologico della modella.
Vasari narra inoltre l’espediente del pittore che per distrarre i modelli dalle lunghe ore di posa aveva creato distrazioni e atmosfere allegre ed affascinanti aiutato da buffoni e musicisti, ma non cita la modernità dell’opera, infatti, come riporta Battaglia non vi è menzione:
"[della] impostazione maestosa e monumentale della figura, racchiusa entro l'ampio arco delle spalle, né alla stretta, ambigua e misteriosa comunicazione che la persona effigiata instaura con lo spettatore"
Testo tratto dalle Vite:
Prese Lionardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di mona Lisa sua moglie; e quattro anni penatovi, lo lasciò imperfetto: la quale opera oggi è appresso il re Francesco di Francia in Fontanableò. Nella qual testa, chi voleva vedere quanto l'arte potessi imitar la natura, agevolmente si poteva comprendere, perché quivi erano contrafatte tutte le minuzie che si possono con sottigliezza dipignere: avvengaché gli occhi avevano que' lustri e quelle acquitrine che di continuo si veggono nel vivo, et intorno a essi erano tutti que' rossigni lividi et i peli, che non senza grandissima sottigliezza si posson fare; le ciglia, per avervi fatto il modo del nascere i peli nella carne, dove più folti e dove più radi, e girare secondo i pori della carne, non potevano essere più naturali; il naso, con tutte quelle belle aperture rossette e tenere, si vedeva essere vivo; la bocca con quella sua sfenditura, con le sue fini unite dal rosso della bocca con la incarnazione del viso, che non colori ma carne pareva veramente; nella fontanella della gola, chi intentissimamente la guardava, vedeva battere i polsi: e nel vero si può dire che questa fussi dipinta d'una maniera da far tremare e temere ogni gagliardo artefice, e sia qual si vuole. Usòvi ancora questa arte, che essendo mona Lisa bellissima, teneva mentre che la ritraeva chi sonasse o cantasse, e di continuo buffoni che la facessino stare allegra per levar via quel malinconico che suol dare spesso la pittura ai ritratti che si fanno: et in questo di Lionardo vi era un ghigno tanto piacevole che era cosa più divina che umana a vederlo, et era tenuta cosa maravigliosa per non essere il vivo altrimenti.
Sempre legato alla Gioconda esiste una tipica esclamazione "Un c’ho mica scritto ‘Giocondo’!"
Espressione generalmente accompagnata da un gesto con la mano che va ad evidenziare la fronte.
La nostra protagonista è proprio lei, Lisa Gherardini, passata alla storia come la Gioconda per la famosa opera di Leonardo da Vinci. La giovane prese questo appellativo nel 1495, dopo il matrimonio con il ricco mercante Francesco di Bartolomeo del Giocondo. Si vociferava che Lisa fosse una fanciulla piuttosto libertina, atteggiamento che non nascondeva neanche sotto gli occhi del povero marito, rendendolo oggetto di derisione tra i fiorentini. I popolani incominciarono a usare la frase “Un c’ho mica scritto Giocondo?!” come sinonimo di “Eh, che sono grullo?!”, rivolgendosi a qualcuno che stava per commettere un inganno.
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